LA NOSTRA MACCHINA GAMMA

PREMESSA

La passione che abbiamo per la fotografia e per le macchine fotografiche è stata trasmessa sicuramente da nostro padre: costruttore, riparatore nonché collezionista di apparecchi fotografici.
Nel 1946 egli con il fratello Silvano costruì una macchina fotografica 35mm a telemetro chiamata Gamma; con tale apparecchio sono state realizzate le foto più significative della nostra vita familiare.
La Gamma è stata realizzata in 13 modelli:

Nostro papà Giuliano iniziò giovanissimo a lavorare nell’officina del padre e fin dall’inizio studiò l’ottica applicata al ramo fotografico; cominciò quindi a lavorare direttamente sulle macchine fotografiche e cineprese che, con il passare del tempo, in maniera sempre più frequente entravano in riparazione.
Fu presto acquisita l’assistenza ufficiale della Zeiss-Ikon, della Voigtlander, della Comet Bencini nonchè Rollei, Bolex Paillard e Nikon.
Fece molteplici viaggi in Germania presso gli stabilimenti della Zeiss e della Rollei per acquisire le necessarie conoscenze tecniche organizzative nel ramo fotografico.
Dopo la seconda guerra mondiale c’era un forte desiderio in tutta Italia: quello di una pronta ripresa economica, il settore fotografico era in continuo sviluppo e mio padre, riparando gli apparecchi fotografici, che diventavano sempre più sofisticati ed interessanti di quelli ante guerra, era sempre aggiornato scoprendo per ciascun apparecchio i pregi i limiti nonché i difetti. Sulla base di questo giunse all’idea di progettare un apparecchio fotografico per il gusto ed il piacere di fare un prodotto migliore degli altri.
Progettare e costruire una macchina fotografica era già stato fatto da molte persone in tutto il mondo mentre la realizzazione di un innovativo otturatore in grado di annullare tutti i limiti di quelli a saracinesca o in stoffa delle più blasonate Leica e Contax aveva un importanza strategica non indifferente.
La costruzione dei prototipi fu interamente eseguita presso l’officina Rossi in via Margutta 81, a Roma e ci vollero 7 mesi di duro lavoro per dar luce al prodotto finale. (fig. 0). Il corpo centrale fu realizzato lavorando con tornio – fresa- trapano direttamente da un unico blocco di alluminio; questo garantiva un estrema rigidità e robustezza all’insieme (figure 0,1, 2, 3).

Le palette otturatore erano di anticorodal da 1mm di spessore ossidate anodicamente; per ottenere la caratteristica forma curvilinea si è dovuto costruire uno stampo. A ciascuna paletta fu applicata una apposita cremagliera in ottone. La paletta di sinistra fu provvista successivamente di una cornice in rilievo per consentire un perfetto accoppiamento con l’atra paletta senza far infiltrare la luce durante il movimento di caricamento dell’otturatore (fig. 4). I meccanismi di carica, scatto e traino pellicola nonchè tutta la componentistica assi, viti e leve erano in ferro nikelato per un totale di circa 305 pezzi (fig. 5, 6).

Il complesso telemetro-mirino derivava dalla struttura tecnica dei telemetri usati per scopi militari con alcune migliorie; l’officina Rossi eseguiva le manutenzioni su di essi conoscendo pregi e difetti (fig. 7, 8, 9).

Il ritardatore è stato realizzato utilizzando ingranaggi da orologeria dopo opportuni calcoli e misure che hanno permesso di determinare i loro diametri con il numero denti occorrenti. La sagoma del cosiddetto scappamento del ritardatore è stata progettata in officina in modo che potesse calibrare uniformemente l’esatto intervallo, quindi rallentamento, della molla che regolava lo scorrimento della seconda tendina in funzione della velocità impostata (fig. 10, 11).

CARATTERISTICHE GAMMA O.R.I.

La fotocamera Gamma O.R.I venne presentata in tre versioni, denominate Gamma I, Gamma II, Gamma III tutte provviste di ottica Koristka.

  • La Gamma I, indicata anche per usi scientifici era, costruttivamente parlando, la più semplice in quanto priva di telemetro e ritardatore; fu dotata comunque di un semplice mirino per poterla impiegare anche nella fotografia tradizionale.
    Utilizzava solo le velocità alte fra 1/20 e 1/500 di secondo: precisamente: 1/20; 1/30; 1/50; 1/70; 1/100; 1/250; 1/500.
    Il suo peso senza obiettivo era di circa 385 grammi.
  • La Gamma II venne equipaggiata con un mirino telemetrico automaticamente sincronizzato con l’obiettivo; utilizzava le stesse velocità del modello I, con l’aggiunta del 1/750 di secondo. Il suo peso, priva di ottica, si aggirava intorno ai 415 grammi.
  • La Gamma III era il modello più sofisticato ed oltre ad avere le dotazioni del modello Gamma II; era provvista dei ritardatore dei tempi. Spostando una piccola leva posizionata sotto il selettore tempi si attivava il meccanismo ritardatore che poteva predisporre i seguenti tempi di otturazione: 1 sec.; 2 sec.; 5 sec.; 10 secondi. La fotocamera con il ritardatore pesava circa 440 grammi ad esclusione ovviamente del gruppo ottico.
    L’obiettivo di serie per i tre prototipi fu il Victor-Gamma 1:3,5 F=55 dei F.lli Koristka, con attacco a vite (passo Leica 39mm) il quale pesava circa 165 grammi.

ELEMENTI INNOVATIVI GAMMA

Gli elementi innovativi sono i seguenti:

  1. LE TENDINE DELL’OTTURATORE.
    “L’otturatore della Gamma era a tendine metalliche rigide scorrevoli su binari a forma di settore circolare”.
    Questo era l’elemento più importante mai realizzato da nessun’altro costruttore italiano ed estero; le due lamelle erano di anticorodal con uno spessore pari a circa un millimetro: all’epoca non erano possibili spessori minori ne materiali migliori.
    Le fotocamere allora in commercio adottavano otturatori a tendina in stoffa gommata oppure otturatori a saracinesca con elementi in metallo cuciti fra loro da fili di cotone: in entrambi i casi si presentavano inconvenienti portati dall’impiego prolungato di questi materiali.
    Gli otturatori a tendina si basavano sul principio di avvolgere e svolgere due porzioni di panno o due saracinesche metalliche; i due elementi erano collegati tra loro per mezzo di nastrini di panno o di corda. Tali tendine si muovevano simultaneamente con moto pressoché uniforme, avvolgendosi l’una e svolgendosi l’altra sulle relative bobine in modo da lasciar passare una fascia di luce attraverso una fessura regolabile data appunto dalla distanza intercorrente tra di esse.
    Tali tipi di otturatore, erano costosi e di costruzione complessa, inoltre presentavano alcuni inconvenienti tra cui quello di essere molto delicati; in pratica avevano una scarsa resistenza nelle incollature fra panno e panno e fra panno e metallo delle bobine, nonché erano particolarmente sensibili agli sbalzi di temperatura e all’umidità.
    Erano quindi probabili dei rischi di lacerazione delle tendine per effetto dell’usura, o per effetto di colpi o intrusione di corpi estranei; erano inoltre possibili dei scollamenti delle tendine dalle relative bobine per effetto di sbalzi di temperatura ed umidità ambientale; infine si poteva provocare la foratura delle stesse a seguito della convergenza dei raggi solari in un punto, nel caso in cui si teneva inopportunamente la fotocamera con l’obiettivo esposto ai raggi diretti del sole.
    Per quanto riguarda l’otturatore a saracinesca esso era più robusto ma soffriva l’usura nelle cuciture dei singoli elementi dell’otturatore.
    Gli altri tipi di otturatore, centrali e metallici, usati irrazionalmente dal punto di vista tecnico-fotografico, alteravano la fotografia in quanto provocavano differenti esposizioni di luce sulla negativa da impressionare che risultavano maggiori al centro e minori alla periferia del quadro il tutto si verificava soprattutto su determinati tempi di esposizione; va detto inoltre che i congegni studiati per eliminare tale inconveniente erano delicati e complessi e talora determinavano un aumento del volume della fotocamera.
    L’otturatore inventato da papà e zio Silvano era un dispositivo particolarmente semplice, costituito da due bandette rigide o flessibili, di materiale adatto qualsiasi, le quali scorrevano, senza avvolgersi, su apposite guide o cuscinetti di guida compiendo, durante il moto, una traiettoria curvilinea.
    L’impiego di una tendina totalmente metallica garantiva inoltre il perfetto funzionamento degli apparecchi fotografici nel tempo anche a notevoli temperature sopra e sotto i 0° centigradi.
    Il profilo semi-curvo delle tendine; permetteva di mantenere contenute le dimensioni dell’apparecchio fotografico e questo è stato un altro elemento importante del progetto.
    Lo spessore del corpo macchina, stabilito in sede di progettazione, non era sufficiente a contenere l’intera corsa delle tendine; per tale motivo fu necessario creare due sporgenze anteriori in corrispondenza dell’inizio e fine corsa delle tendine, ricoperte da due colonnine applicate sulla calotta frontale.
    Tali sporgenze permettevano, inoltre, una facile e comoda presa dell’apparecchio durante le operazioni di inquadratura e scatto.
  2. IL MECCANISMO DI TAGLIO DELLA PELLICOLA SEMI ESPOSTA.
    La taglierina era azionabile dall’esterno e tagliava il film mantenendo l’apparecchio completamente chiuso. Tale operazione si poteva fare anche dopo una sola esposizione; la parte non recuperabile della pellicola, dopo il taglio, era comunque minima cioè pari a 2 soli fotogrammi.
    Con tale congegno si poteva procedere alla sostituzione della pellicola con una di sensibilità differente oppure procedere subito allo sviluppo di alcuni fotogrammi importanti mantenendo integra la parte di film non ancora esposta.
    Molti apparecchi fotografici di allora non prevedevano il meccanismo di riavvolgimento della pellicola; il film in sostanza usciva da un caricatore e veniva raccolto, dopo l’esposizione, in un altro senza possibilità di recupero della porzione di nastro non esposta nel caso di sviluppo anticipato.
  3. IL DORSO DELLA FOTOCAMERA E’ SOLIDALE CON IL FONDELLO ED E’ COMPLETAMENTE AMOVIBILE.
    L’apertura della macchina fotografica si otteneva ruotando in senso antiorario un’apposita leva posta sulla parte superiore dell’apparecchio vicina alla taglierina; essa permetteva una rapida apertura e una sicura chiusura del dorso sul corpo della fotocamera compiendo solo un quarto di giro.
    Una volta sbloccato il dorso si poteva sfilare la parte posteriore avendo così piena visibilità e comodità per l’applicazione del film nonché il controllo
    completo della penetrazione dei denti del rullo trasportatore nelle perforazioni della pellicola. Con la parte posteriore sfilata si poteva comodamente effettuare una efficace pulizia dei meccanismi e del pressore.
    Il fatto che il dorso era solidale al fondello riduceva la possibilità di infiltrazione di luce dalla parte posteriore.
  4. LA SEMPLICE STRUMENTAZIONE DI CONTROLLO E REGOLAZIONE.
    Nel progettare la calotta e la posizione di tutte le leve di comando si è prestato un occhio particolare alla semplicità del loro azionamento nonché alla disposizione delle stesse; questo per garantire all’operatore una rapida ispezione e regolazione della fotocamera anche con una sola mano.
  5. SICUREZZA CONTRO LE DOPPIE ESPOSIZIONI.
    L’otturatore Gamma era provvisto di un meccanismo che ne impediva lo scatto se quest’ultimo non era stato completamente caricato questo anche perché soltanto con una completa carica dell’otturatore stesso si otteneva un corretto avanzamento del film di un intero fotogramma evitando così un possibile accavallamento delle pose.
    Un apposito avvisatore posizionato all’interno del mirino, informava il fotografo della corretta operazione di carica; in questo modo l’operatore poteva capire quando l’otturatore era pronto in quanto il mirino, soltanto in quel momento, era completamente libero.
  6. PARTICOLARE CONFORMAZIONE DEL PRESSA PELLICOLA E DELLE GUIDE FILM.
    Particolare attenzione è stata infine dedicata allo sviluppo del profilo delle guide film e alla loro lucidatura a specchio il tutto per evitare danni alla pellicola durante il suo scorrimento.La progettazione di un pressa pellicola molto grande e spesso nonché opportunamente sagomato e lucidato garantiva una perfetta planarità del film a tutto vantaggio della nitidezza delle immagini esposte.
    Il pressa pellicola era inoltre facilmente ispezionabile per la sua pulizia in quanto era fissato con una cerniera sul lato inferiore e poteva eventualmente essere asportato all’occorrenza.

FUNZIONAMENTO CAMERA

Girando in senso antiorario, fino a battuta, il pomo presente sulla destra dell’apparecchio, come indicato dalla freccia incisa su di esso, si ottiene la carica completa dell’otturatore e contemporaneamente il traino della pellicola di un fotogramma, reso visibile dal movimento del segnalatore di pellicola marciante presente sulla calotta superiore.
Ad operazione correttamente ultimata all’interno del mirino non è più visibile l’avvisatore di otturatore scarico.
Per evitare che il pomo di carica ruotasse in senso inverso, se lasciato libero, durante la fase di carica, fu applicata una opportuna molla di acciaio temperato attorno al suo asse interno fissata poi per un capo sul corpo interno.
Per evitare la rottura della pellicola dovuta alla crescente sfasatura fra il “costante” spostamento di 8 denti della perforazione della pellicola, ad opera della ruota dentata, ed il crescente aumento di circonferenza del rullo di avvolgimento film ad ogni giro di carica, che inevitabilmente tende a far trasportare maggiore quantità di pellicola, è stato necessario realizzare un meccanismo di frizione della forcella di trasporto.
Tale meccanismo interviene nella fase finale della carica compensando il maggior traino della pellicola ad opera del rocchetto raccoglitore permettendo quindi il completamento della fase di carica dell’otturatore con l’arresto del movimento della pellicola esattamente al passaggio dei 36 millimetri lineari corrispondenti ad un fotogramma.
A questo punto in funzione delle condizioni di luce si procede alla regolazione dei tempi di esposizione semplicemente sollevando e ruotando il bottone centrale fino a portare il valore desiderato in corrispondenza dell’apposito segno inciso sulla slitta porta-accessori.
Ora analizziamo gli effetti sui meccanismi interni provocati dall’ operazione di carica dell’otturatore.
Con la rotazione in senso antiorario del pomo di carica si determina uno spostamento di entrambe le tendine da sinistra verso destra, fino ad un apposito fermo; il movimento della tendina determina la carica delle molle di scatto di entrambe.
Premendo il pulsante di scatto si viene a sganciare un opportuno fermo installato su un ingranaggio direttamente collegato al meccanismo di comando della I° tendina liberandolo; esso, in virtù della molla contenuta nel suo interno, caricata con la precedente operazione, darà la giusta spinta alla tendina che; raggiungerà il fine-corsa sulla sporgenza di sinistra in circa 1/30 di secondo.
Sull’asse del meccanismo di comando della I° tendina è applicato un apposito nasello che durante la rotazione, determinata dalla fase di scarica del meccanismo stesso, va ad urtare sull’appendice di un braccetto che tenuto aderente da un apposita molla libera il movimento di scarica della II° tendina. La seconda tendina sbloccata raggiungerà anch’essa in 1/30 di secondo la prima tendina oscurando completamente il foro rettangolare (24×36) per il passaggio della luce che serve per impressionare il film.
I gruppi di comando della I e II tendina sono meccanicamente identici quindi le palette otturatore viaggiano alla stessa velocità. I vari tempi di posa si ottengono non dalla variazione della velocità delle tendine ma dalla fessura lasciata dal ritardo della seconda tendina sulla prima.
Agendo sul pomo dei tempi si determina quindi il ritardo della partenza della seconda tendina internamente spostando il nasello più o meno vicino all’appendice del braccetto di sblocco della seconda tendina.
Per evitare vibrazioni e rumorosità durante il movimento delle tendine sono state studiate due tipologie di frizioni: la prima tendina prima di arrivare a fondo scala viene rallentata da due lamierini a molla posizionati sugli estremi della tendina stessa, mentre per la seconda tendina c’è una frizione unica posta dietro la scatola della camera oscura con due asole per la regolazione della posizione di intervento.
Per attutire l’impatto della tendina sul fine-corsa è stato inserito un gommino sull’estremo inferiore della tendina stessa.
Nei modelli Gamma III che avevano i tempi lenti, fu modificata la torretta di regolazione dei tempi fornendola di due ugelli uno per i tempi veloci e l’altro per l’innesto del ritardatore; ovviamente l’uso di un ugello interdiva il funzionamento dell’altro.
L’innesto del ritardatore è semplice e rapido basta spostare la levetta sotto la torretta dei tempi dalla posizione di folle sull’asterisco a quella dei tempo lento desiderato (1sec; 5sec; 10sec.) senza dover intervenire sulla rotella dei tempi veloci.

BREVETTO OTTURATORE

Il meccanismo di comando e le palette dell’otturatore furono brevettati per tutelare l’idea e la conseguente possibilità di ottenere un eventuale “rendita da concessione” visto che la struttura tecnica dell’officina, le disponibilità monetarie nonché la scarsa convinzione del padre Ireneo non resero possibile la produzione “in serie” nel laboratorio artigiano in Via Margutta n.81 a Roma.
Dati i costi elevati di istruttoria e di successivo mantenimento delle annualità di brevetto tale domanda fu richiesta solo per l’ambito nazionale e venne formulata a nome di mio nonno, Rossi Ireneo, essendo egli il titolare dell’omonima officina. Successivamente papà fece brevettare alcuni congegni direttamente connessi all’otturatore stesso per evitare che altri potessero sfruttare, con alcune semplici modifiche od integrazioni, il meccanismo ideato (fig. 12).

I FRATELLI KORISTKA

Le prime ottiche che furono abbinate ai corpi Gamma furono quelle dei f.lli Koristka.
Mio zio conosceva molto bene tale azienda perché quando svolgeva il servizio militare egli fu assegnato al reparto dei foto-cinematografisti del VIII Reggimento Genio: in particolare faceva parte della commissione di collaudo dei strumenti ordinati dall’esercito italiano che venivano appunto prodotti nello stabilimento Koristka. Furono interpellate anche altre case produttrici di obiettivi straniere ma all’inizio rimasero restie a costruire appositamente o a fornire del boccioli ottici standard ad una ditta italiana non conosciuta a livello internazionale per la realizzazione delle ottiche da applicare su macchina fotografica di cui non
avevano avuto modo di verificarne lo spessore tecnico. Indubbiamente non gradivano che una azienda italiana producesse fotocamere in concorrenza con le fabbriche di apparati fotografici nazionali.
Tutta la prima serie di apparecchi Gamma venne realizzata con un originale attacco delle ottiche a baionetta questo per dare una certa individualità all’apparecchio in questione (fig. 13).

FIERA DI MILANO 1946

Alla XXIV Fiera Campionaria di Milano, svolta eccezionalmente il 12 Settembre del 1946, ci fu la presentazione “ufficiale” al pubblico della nostra macchina fotografica. La macchina fu esposta presso lo stand dei fratelli Koristka perché i proprietari volevano espandere il loro mercato anche sul settore civile. L’idea di fornire in esclusiva le ottiche da applicare su un apparecchio fotografico innovativo per uso civile, avrebbe prodotto un forte richiamo sulla loro azienda allora conosciuta solo come fornitrice di enti militari. La partecipazione alla fiera portò i suoi frutti, l’Avv. Telemaco Corsi consigliere delegato della soc. S.A.R.A. di Roma decise di acquistare l’intero progetto per produrre l’apparecchio in questione (fig. 14, 15, 16).

ACCORDO ROSSI – S.A.R.A.

L’avvocato Telemaco Corsi formulò una bozza di accordo tra la soc. S.A.R.A. e l’officina Rossi in cui il sig. Rossi Ireneo concedeva alla soc. Gamma il diritto esclusivo di sfruttare il brevetto di sua invenzione. La possibilità di costruire direttamente nello stabilimento della S.A.R.A. la fotocamera Gamma era un ipotesi poco realizzabile in quanto il capannone non era adatto allo scopo; pertanto i dirigenti della CISA/VISCOSA decisero di edificare un nuovo stabilimento facendo entrare in società il proprietario del. terreno dove sorgeva la S.A.R.A e quello di pertinenza: il dott. Carlo Flamment, il quale all’epoca si occupava anche di costruzioni edili. Per diverbi sull’assegnazione delle quote societarie la soc. S.A.R.A. decise di ritirarsi dall’affare ed il dott. Flamment si accordò direttamente con mio nonno per lo sviluppo del progetto. Fu deciso di iniziare la produzione solo del modello Gamma II con alcune modifiche nella meccanica e nell’aspetto esteriore dettate dalla continua ricerca di perfezionamento dei meccanismi. Tali migliorie in alcuni casi non si dimostravano efficaci ne tantomeno autorizzate dal costruttore quindi diverse furono le Gamma che tornarono in assistenza per essere ricontrollate e modificate. Alcune fotocamere non passarono il collaudo finale e rimasero nei magazzini del reparto montaggio. La gestione della ricambistica non era sempre ben pianificata ed organizzata quindi alcuni apparecchi di nuova serie erano composti da ricambi utilizzati nelle serie precedenti, in alcuni casi adattati. Per esigenze prettamente commerciali e si stock di magazzino si decise di modificare l’attacco delle ottiche dall’esclusiva baionetta al più classico attacco a vite passo 39mm. Con questa modifica si volle commercializzare apparecchi privi di ottiche ad un costo più contenuto a cui si potevano montare tutti gli obiettivi per apparecchi fotografici Leica. Su richiesta di alcuni Istituti Universitari romani fu realizzata una speciale fotocamera Gamma denominata Gamma ML (microlab) da usare per scopi scientifici in particolare per microfotografia.

CAUSA CIVILE

Dopo alcuni anni dall’avvio della produzione, le continue divergenze sul sistema di montaggio e collaudo degli apparecchi, sul computo delle provvigioni nonché il debito di 703.029 lire accumulato dalla soc. Gamma srl nei confronti del titolare del brevetto Rossi Ireneo ed i mancati rinnovi dei brevetti Rossi all’estero, spinsero mio nonno a promuovere la causa civile contro la Soc. Gamma.
Il Tribunale nei vari gradi di giudizio così concluse:

Dichiarò sciolti i contratti intercorsi fra le parti con cessazione da parte della Soc. Gamma di ogni diritto di utilizzazione delle invenzioni del sig. Rossi.

Dichiarò inadempiente la soc. Gamma srl agli obblighi contrattuali, per aver prodotto un numero di apparecchi inferiore ai minimi stabiliti.
Stabilì che i sigg.ri Rossi non potevano utilizzare il marchio “Gamma” su futuri apparecchi fotografici a cui veniva applicato il brevetto Rossi Ireneo.

Dichiarò la Soc. Gamma non responsabile per l’insuccesso di alcune domande di brevettazione all’estero. l’iniziativa.
Condannò la soc. Gamma al pagamento della somma di £ 966.366 ai sigg.ri Rossi per provvigioni, interessi legali e spese processuali.